Liberati dalla Paura

Liberati dalla Paura

                                              Di Pastore Renato Giuliani di Roma

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La paura è sicuramente uno dei grandi mali della nostra società, la principale causa del fallimento di tante vite umane. Si era pensato che con il progresso culturale, scientifico e tecnologico, l’uomo sarebbe riuscito a liberarsi di questo male interiore. Di fatto, la nostra generazione è una delle più insicure e paurose che vi siano mai state. Perché?

La paura ha molte cause. Deriva in parte dal senso della nostra piccolezza. Il progresso scientifico ci ha permesso di capire l’immensità dell’universo in cui viviamo: un universo in espansione, abitato da miliardi di galassie, ognuna delle quali contenente miliardi di stelle, ognuna delle quali distante miliardi di chilometri dalle altre! Quando consideriamo tali spazi e grandezze, e poi di riflesso pensiamo a noi, ci sentiamo infinitamente piccoli e insignificanti, come dei naufraghi alla deriva su un granello di polvere. E abbiamo paura! La realtà della nostra finitezza e irrilevanza ci spaventa.

C’è poi il fatto della nostra ignoranza. Sebbene spesso ci vantiamo della vastità della nostra conoscenza, è pur vero che più conosciamo e più ci rendiamo conto di quanto poco sappiamo. Viviamo in un universo immenso e straordinariamente complesso, che stiamo imparando a conoscere pian piano, elemento dopo elemento, fenomeno dopo fenomeno. Ma quante cose ancora ignoriamo! La nostra conoscenza della realtà è ancora molto limitata, e questo ci rende ansiosi e inquieti.

Un altro fattore rilevante è la mancanza di significato della vita. Secondo la visione atea che oggi domina nella nostra cultura, si ritiene che l’universo sia governato da impersonali forze cosmiche, sulle quali non abbiamo nessun controllo e che un giorno ci distruggeranno. E allora sorgono inevitabilmente gli interrogativi: “Che scopo ha la mia vita? Che senso può mai avere se è destinata ad estinguersi totalmente? Non c’è un obiettivo da perseguire. Non c’è una meta da raggiungere. Tutto finirà per essere distrutto”. Gridava un uomo già migliaia di anni fa: “Vanità delle vanità, tutto è vanità” (Ecclesiaste 1:2). Il senso della futilità della vita a volte diventa così opprimente che la persona è presa da un senso di paura, di terrore, di disperazione.

C’è poi la paura dell’ignoto. Spesso si sente dire che l’unica cosa della quale si può essere certi è la morte. Al momento la vita può anche andare bene: si ha un matrimonio felice, i figli sono sani e intelligenti, il lavoro è appagante. Ma poi sorge il pensiero: “Se improvvisamente perdessi il lavoro? Se mi riscontrassero un male incurabile? Se mi venisse a mancare mia moglie, mio figlio, mia figlia? Che cosa ne sarebbe di me e della mia vita?”. La vita è imprevedibile, include terribili possibilità, e questo c’inquieta, ci impaurisce, a volte ci terrorizza. L’uomo non sa cosa gli riserva il futuro, non sa ciò che gli accadrà domani. L’uomo ha paura.

A tutto ciò si aggiunge la paura della morte. Una delle prime poesie di Cesare Pavese recita: “Mi atterrisce il pensiero che io pure un giorno dovrò lasciare questa terra…”[1]. Il cantante Luca Carboni ammette: “Ho paura di non essere pronto quando verrà la mia ora”[2]. E il cantante James Taylor, parlando della generazione degli anni ’70, dice: “Quello che ci ha sconfitti è il terrore della morte. La consapevolezza che tutto finirà. Questa paura aumenta ogni volta che qualcuno intorno a te muore. Personalmente ho perduto tanti affetti, tante persone care”[3]. In effetti, si tratta di un’inquietudine comune. Che cosa significa morire? Che cosa ne è della persona che nuore? Cessa totalmente di esistere oppure sopravvive nello spirito? Dovrà forse comparire davanti a Dio e dare conto di se stessa e della vita che ha vissuto?

Se vogliamo andare alla radice di questo problema, dobbiamo capire il drastico cambiamento che si verificò nella condizione umana nel momento in cui l’uomo si alienò da Dio. Dobbiamo, in altre parole, andare alla Bibbia e riflettere sul libro della Genesi:

 «…ed ella prese del frutto, né mangiò e ne diede anche a suo marito che era con lei, ed egli ne mangiò. Allora si apersero gli occhi di ambedue e si accorsero di essere nudi…  Allora l’Eterno Dio chiamò l’uomo e gli disse: “Dove sei?”. Egli rispose: “Ho udito la tua voce nel giardino, e ho avuto paura perché ero nudo, e mi sono nascosto”» (Genesi 3:9-10).

Alcune persone deridono quanto è riportato in questo brano della Bibbia, senza rendersi conto che esso risponde ai nostri interrogativi più profondi. La paura entrò nell’esperienza umana come conseguenza del peccato, della ribellione contro Dio. Pervase l’animo umano nel momento in cui l’uomo si rese conto di aver infranto la legge dell’Eterno, di essersi reso artefice del male, di essere diventato nemico di Dio. Entrò così in una condizione d’essere radicalmente diversa da quella originaria: se prima aveva amato Dio con tutto se stesso, adesso gli era ostile; se prima aveva sempre atteso benedizioni da Dio, ora ne temeva il giudizio; se prima si era dilettato nella Sua presenza, ora la rifuggiva. Infatti, preso dal panico, cercò prima di nascondere la sua vergogna con delle “foglie di fico”, poi di nascondere se stesso “fra gli alberi del giardino”. Iniziò così la fuga dell’uomo da Dio; iniziò così la paura in noi. Che strano! Molte persone ritengono che rinnegare Dio sia l’unico modo per liberarsi della paura e vivere una vita libera e spensierata. La Bibbia dichiara l’esatto contrario: fu proprio il rinnegamento di Dio che rese l’uomo soggetto alla colpa, alla vergogna, alla condanna, alla paura.

In origine l’uomo era stato creato e posto in questo cosmo vasto ed infinito, ma non era solo. Era stato creato da Dio per vivere in intima comunione con Lui, dipendente da Lui e sotto la Sua protezione. Ma alienandosi da Dio, l’uomo rimase solo. Ed è ancora solo – solo nell’universo, solo davanti all’universo – perché ancora continua vivere senza Dio e contro Dio. E come potrebbe non essere angosciato? La sua situazione è paragonabile ad una persona che, avendo un concetto troppo alto di sé, si assume una responsabilità che non le compete, al di là delle sue capacità: non in un particolare settore dello stabilimento, sottoposto ad un’altra persona che conosce e sa dirigere l’intero sistema, ma come direttore. Orgoglioso dichiara: “Io non ho bisogno di Dio; sono capace di capire e gestire l’universo da me”. E si impegna, si dà da fare, ma non è in grado. C’è un guasto in un settore, e poi in un altro, e poi in un altro ancora; c’è un’esplosione lì, poi un indicente là, e poi ancora un decesso in un altro dipartimento. Ma le sue risorse sono limitate, non può essere in ogni luogo in ogni tempo, non riesce a stare dietro ad ogni problema, quindi si agita ed entra in panico. Questa è la condizione dell’uomo come ‘direttore’ del mondo. Non è in grado di gestirlo, non ne ha le capacità. Lo dimostra la condizione in cui versa il mondo attualmente. Il noto storico Eric J. Hobsbawm, ad esempio, conclude così la sua dettagliata analisi retrospettiva del XX secolo: “Il futuro non può essere una continuazione del passato e vi sono segni, sia esterni sia, per così dire, interni, che noi siamo giunti ad un punto di crisi storica… Il mondo rischia sia l’esplosione che l’implosione. Il mondo deve cambiare. Non sappiamo dove stiamo andando… Se l’umanità deve avere un futuro nel quale riconoscersi, non potrà averlo prolungando il passato o il presente. Se cerchiamo di costruire il terzo millennio su questa base, falliremo. E il prezzo del fallimento, vale a dire l’alternativa ad una società mutata, è il buio”[i].

La paura, ovviamente, influisce profondamente sull’essere umano. Consuma le energie, debilita le forze, può arrivare addirittura a bloccarci completamente, a paralizzare la nostra vita. La paura rende l’uomo egocentrico, iperprotettivo, quindi ostile ai suoi simili. La paura ci rende nervosi, irritabili, violenti. Come dicevamo all’inizio, la paura è alla radice di tanta miseria.

Un punto da enfatizzare è che la paura porta a comportamenti irrazionali. Ad esempio, la ricerca maniacale del piacere che caratterizza la nostra generazione scaturisce da un meccanismo di fuga che deriva dalla paura. Le continue tensioni nei rapporti internazionali, la minaccia terroristica, il possibile scontro di civiltà fra mondo occidentale e mondo islamico, la fragilità del sistema economico, l’allarme ecologico, l’incertezza del futuro… e poi le difficoltà nei rapporti umani, lo smembramento delle famiglie, i conflitti generazionali, lo smarrimento dei giovani… e poi la pesantezza di una vita che comunque non ha senso. E ci si chiede poi perché le persone fanno uso di farmaci, si danno all’alcol o alla droga! La gente è oppressa dalla paura e per evaderla ricorre a tali cose. Lo stesso vale per l’isteria che spesso vediamo manifestarsi a certi concerti di musica rock: è un comportamento irrazionale causato dalla paura che risiede nell’animo umano. Si tratta di persone senza risposte, senza soluzioni, quindi scaricano la loro rabbia, inquietudine e paura in tale modo. In molti casi, quando la disperazione diventa totale, si giunge anche al suicidio: “Non ce la faccio più ad andare avanti. Devo andarmene via di qui”.

La soluzione che l’uomo non può trovare in se stesso o nel mondo, si trova nel vangelo. Il suo messaggio non consiste in appelli del tipo: “Fatti forza”, “dai che ce la farai”, “vedrai che le cose cambieranno”, “impara a pensare positivamente”. Queste non sono risposte, ma frasi che non significano nulla né risolvono nulla. Il messaggio del Vangelo è diverso. Lo troviamo espresso in queste parole che l’apostolo Paolo scrisse a Timoteo, mentre era prigione a Roma: «Dio infatti non ci ha dato uno spirito di paura, ma di amore e autocontrollo» (II Timoteo 1:12).

Notiamo la prima parola: “Dio”! Ecco l’essenza del messaggio cristiano. Esso ci riconduce immediatamente a Colui che, avendo in origine creato la vita, può anche riscattarla. Il vangelo, in altre parole, ci chiama a convertirci a Dio, voltando le spalle all’orgoglio, all’autogestione della vita, al dominio del peccato. Riconciliati con Dio, in comunione con Dio, sotto la tutela di Dio, saremo al sicuro: «Il Signore è il mio pastore, nulla mi mancherà… Quand’anche camminassi nella valle dell’ombra della morte, non temerei alcun male perché tu sei con me» (Salmo 23:1, 4).

Riconciliarsi con Dio è possibile perché Egli stesso ha realizzato la riconciliazione per noi. Per capire come questo possa avvenire, però, dobbiamo essere disposti a riflettere con onestà sulla nostra condizione.

Rivoltandoci contro Dio, noi siamo incorsi in una condizione di colpa che esige la nostra condanna. Il Vangelo ci confronta continuamente con questa realtà: “Il salario del peccato è la morte” (Romani 6:??). Nel profondo della nostra coscienza lo sappiamo e abbiamo paura: «Ci hanno sparato addosso. Ho pensato a Dio» (Ludwig Wittgenstein)[ii]. Sì, in definitiva, la nostra più grande paura è quella della condanna eterna. Davanti al giudizio di Dio, infatti, tutti i nostri ‘valori’ sono annullati, tutte le nostre ‘virtù’ annichilite, perché «nessun uomo sarà giustificato per le sue opere» (Romani 3:21). Davanti allo scrutinio della giustizia divina tutto crollerà: opere, meriti, vanti, diritti. Nessuno sarà in grado di reggere il confronto, «poiché tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio» (Romani 3:23). Il nostro dilemma più profondo quindi è questo: chi può riscattarci dalla nostra colpa? Chi può affrancarci dalla condanna? Chi può purificarci nel profondo della coscienza? Come possiamo essere riconciliati con Dio?

Ma come fai a soffocare il vecchio e lungo Rimorso

     Che vive, s’agita e s’attorciglia.

E si nutre poi di te come il verme dei morti

     E come il bruco della quercia?

Ma come fai a soffocare l’implacabile Rimorso?

 

Puoi forse far luce in un cielo nero e fangoso?

     Puoi forse squarciare tenebre

Più dense della pece, senza mattino, senza sera,

senza stelle, senza funerei lampi?

Puoi forse far luce in un cielo nero e fangoso?[iii]

Charles Baudelaire (1821-1867)


Il vangelo può! Proprio per questo, infatti, Dio ha mandato suo Figlio nel mondo, perché prendesse su di sé i nostri putridi peccati e li espiasse, morendo al posto nostro sotto il giudizio di Dio. Nelle parole del profeta Isaia, scritte seicento anni prima della venuta di Cristo: «Egli è stato trafitto a causa delle nostre trasgressioni, stroncato a causa delle nostre iniquità; il castigo per cui abbiamo pace è caduto su di lui e grazie alle sue ferite noi siamo stati guariti. Noi tutti eravamo smarriti come pecore, ognuno di noi seguiva la propria via; ma il Signore ha fatto ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti… Piacque al Signore di stroncarlo con i patimenti. Dopo aver dato la sua vita in sacrificio per il peccato… egli vedrà il frutto del suo tormento interiore, e ne sarà saziato… il mio servo, il giusto, renderà giusti molti, si caricherà egli stesso delle loro iniquità… egli ha portato i peccati di molti ed ha interceduto per i colpevoli» (Isaia 53:5-11). Quando Dio ci apre gli occhi e ci fa comprendere la viltà del nostro peccato, quando ci tocca il cuore e ci fa capire gli stupefacenti benefici del sacrificio di Cristo, allora in noi nasce la fede, e nel momento in cui crediamo nel vangelo siamo riconciliati con Dio. La nostra colpa «irreparabile» è cancellata, i nostri putridi peccati sono perdonati, il nostro «lungo e vecchio rimorso» viene placato. Predicava l’apostolo Pietro: «A lui rendono testimonianza tutti i profeti, che chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati mediante il suo nome» (Atti 10:43).

Questa riconciliazione è assolutamente necessaria. Pensate se il figlio prodigo, dopo aver rinnegato il padre e sperperato tutta l’eredità, fosse tornato a casa e avesse agito come se nulla fosse mai accaduto. Avrebbe mai potuto avere una relazione vera con suo padre? Assolutamente no! Il ravvedimento costituisce un passaggio obbligatorio e vitale per la salvezza.

Scrive l’apostolo Paolo: «Dio non ci dato uno spirito di paura, ma di potere…». Oltre al perdono e alla riconciliazione, il vangelo ci parla anche dello Spirito di Dio che viene a vivere nella persona che crede, rigenerandola, cambiandola, trasformandola. La potenza di questo messaggio, infatti, risiede proprio nel fatto che l’uomo non è lasciato solo, alle sue misere forze, ma riceve in dono lo Spirito di Dio.

Abbiamo visto che la paura debilita le nostre forze, al punto di bloccarci, paralizzarci. Ma Paolo scrive: «Dio non ci dato uno spirito di paura, ma di potere…». Il riferimento è al potere di Dio che opera nel credente, mettendolo in grado di vivere una nuova vita – al potere di credere, amare, sperare, servire, superando le difficoltà della vita, le tentazioni del male, le opposizioni del mondo, gli assalti del Maligno. Da soli non potremmo mai prevalere, ma con la forza dello Spirito di Dio e la luce della Sua Parola prevarremo:

«Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Certamente colui che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà anche tutte le cose con lui? Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio è colui che li giustifica. Chi è colui che li condannerà? Cristo è colui che è morto, e inoltre è anche risorto; egli é alla destra di Dio, ed anche intercede per noi. Chi separerà dall’amore di Cristo? Sarà l’afflizione, o la distretta, o la persecuzione, o la fame, o la nudità, o il pericolo, o la spada?… Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori in virtù di colui che ci ha amato. Infatti, sono persuaso che né morte, né vita, né angeli, né principati, né potenze, né cose presenti, né cose future, né altezze, né profondità, né alcun’altra creatura potrà separarci dall’amore di Dio che è in Cristo Gesù, nostro Signore» (Romani 8:32-29).

 

          Abbiamo visto anche che la paura agita l’uomo e lo rende irritabile, collerico, violento. Ma Paolo scrive: «Dio non ci ha dato uno spirito di paura, ma di potere, di amore…». Non si tratta dell’amore umano, spesso così strumentale ed evanescente, ma dell’amore di Dio, che trasforma l’animo dell’uomo e lo rende capace di amare veramente il prossimo, anche persone difficili e odiose. Avete mai letto come morì Stefano, il primo martire del Nuovo Testamento? Arrestato e lapidato per la sua fede, pregò: «Signore, non imputare loro questo peccato» (Atti 8:60). Stefano poté pregare in questo modo perché era l’unica persona in questa tragica circostanza che non aveva paura! Nei suoi assassini regnava l’odio, in Stefano l’amore.

Abbiamo considerato che la paura porta l’uomo ad agire in modo irrazionale. Ma Paolo scrive: «Dio non ci ha dato uno spirito di paura, ma di potere, di amore e di autocontrollo…». Lo Spirito di Dio rende l’uomo mansueto. Qualunque cosa accada, egli sa che Dio è sovrano, in controllo di ogni cosa, e quindi rimane sereno.

Infine abbiamo osservato che l’uomo ha paura perché sente che la sua vita non ha significato. Ma anche qui ci illumina la testimonianza che Paolo poté dare, mentre era prigione a Roma, prima di essere ucciso: «Quanto a me… il tempo della mia morte è vicino. Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa, ho serbato la fede. Per il resto, mi è riservata la corona di giustizia, che il Signore, il giusto giudice, mi assegnerà in quel giorno, e non solo a me, ma a tutti quelli che hanno amato la sua apparizione » (I Timoteo 4:6-8).

 

Caro amico, quale spirito domina la tua vita? Vivi anche tu nella paura? Sei anche tu terrificato dalla tua piccolezza, dalla tua ignoranza, dalla tua insignificanza, dal noto e dall’ignoto? Senti il peso della tua lontananza da Dio? Ti rendi conto che non potrai evitare il giudizio che ti attende? Se questa è la tua condizione, allora volgiti a Dio. Ricorda che il suo perdono è gratuito, che la sua salvezza è un libero dono della sua grazia. Riconosci il tuo peccato, la tua follia, i tuoi fallimenti. Credi nel messaggio della croce di Cristo, il quale ti ha amato e ha dato la sua vita affinché la tua fosse salvata. Riconoscilo come Signore della tua esistenza, Sovrano delle tue scelte, Certezza della tua salvezza. Egli perdonerà il tuo peccato, ti accoglierà come un figlio, porrà il suo Spirito dentro di te e farà di te una persona nuova.

Infine abbiamo osservato che l’uomo ha paura perché sente che la sua vita non ha significato. Ma anche qui ci illumina la testimonianza che Paolo poté dare, mentre era prigione a Roma, prima di essere ucciso: «Quanto a me… il tempo della mia morte è vicino. Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa, ho serbato la fede. Per il resto, mi è riservata la corona di giustizia, che il Signore, il giusto giudice, mi assegnerà in quel giorno, e non solo a me, ma a tutti quelli che hanno amato la sua apparizione » (I Timoteo 4:6-8).

 

Caro amico, quale spirito domina la tua vita? Vivi anche tu nella paura? Sei anche tu terrificato dalla tua piccolezza, dalla tua ignoranza, dalla tua insignificanza, dal noto e dall’ignoto? Senti il peso della tua lontananza da Dio? Ti rendi conto che non potrai evitare il giudizio che ti attende? Se questa è la tua condizione, allora volgiti a Dio. Ricorda che il suo perdono è gratuito, che la sua salvezza è un libero dono della sua grazia. Riconosci il tuo peccato, la tua follia, i tuoi fallimenti. Credi nel messaggio della croce di Cristo, il quale ti ha amato e ha dato la sua vita affinché la tua fosse salvata. Riconoscilo come Signore della tua esistenza, Sovrano delle tue scelte, Certezza della tua salvezza. Egli

 

«Perché il salario del peccato è la morte,

ma il dono di Dio è la vita eterna

in Cristo Gesù, nostro Signore»

(Romani 6:23)

 

 

 


 

[1] Cesare Pavese, Le Poesie, Torino, Einaudi, 1998, p. 160.

[2] (Gianpaolo Mattei, Anima mia, Casale Monferrato, Piemme, 1998, p. 68)

[3] (Gianpaolo Mattei, Anima mia, Casale Monferrato, Piemme, 1998, p. 326)

 


 

[i] Eric J. Hobsbawn, Il Secolo Breve: 1914-1991. L’epoca più violenta della storia dell’umanità,     Milano, Bur, 1997, pp. 674-675.

[ii] Ray Monk, Ludwig Wittgenstein, Bologna, Bompiani, 2000, p. 145.

[iii] Charles Baudelaire, Tutte le poesie, Roma, Newton Compton, 1972, pp. 145-147.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  

 

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